Le emozioni sono complicate. E non ce lo deve dire uno psicologo perché, in quanto esseri umani, sappiamo essere intrinsecamente vero. Il vantaggio delle cose complicate però, è che possono essere esplorate: ci si può immergere dentro e le si può sezionare per comprenderle al meglio. Non arriveremo forse mai a capire la scienza esatta che c’è dietro, ma per riuscire a vedere il potenziale che si trova in ogni singolo sentimento umano possiamo certamente sfruttare i giochi, perché questo è un campo in cui riescono molto bene. Dopotutto, con uno strumento interattivo come il videogioco possiamo diventare un’altra persona e abitare il suo cuore, vedere ciò che vede e sentire ciò che sente, entro certi limiti naturalmente. Questo perché sarà la nostra esperienza ad influenzare il grado di empatia con la storia che ci viene raccontata. A volte però, anche se non si è vissuto qualcosa in prima persona, affrontarlo in un gioco aiuta a dare un’idea delle emozioni reali che si potrebbero provare.
Nei videogiochi si trovano moltissimi esempi di rabbia, amore, paura, gioia, ma si trova molto meno la sofferenza. La sofferenza è complicata. Essa ci divora e ci cambia la vita allo stesso tempo. Nessuno l’attraversa e rimane lo stesso di prima. Il dolore può essere nero e pesante: ci trascina nelle sue profondità cercando di affogarci. Il dolore può essere grigio e apatico, può risucchiarci l’anima e rifiutare di restituircela. Il dolore può anche essere bianco e accecante, scatenando dentro di noi una rabbia che può colpire chiunque, una collera che cercherà di sacrificarci completamente ad essa. Io ho provato tanti tipi di dolore perché ho perso tante persone a cui tengo, ma nessuna di queste perdite mi ha fatto tanto male quanto quella di mio fratello.
Riuscire a replicare quelle emozioni in un gioco è quasi impossibile. La felicità è relativamente semplice da riprodurre: basta riuscire a sconfiggere un boss dopo innumerevoli tentativi per provare euforia. Anche la rabbia si può generare nello stesso modo: dopo la diciassettesima volta che veniamo sconfitti ci sentiremo decisamente arrabbiati. Il dolore invece non è così. Perdere qualche progresso in una partita fa schifo e vedere un personaggio che ami massacrato è brutale, ma alla fine è solo un gioco. Per potersi davvero relazionare con un sentimento di perdita è necessario vedere il personaggio affrontare la sofferenza, vedere le sue ripercussioni e non soltanto le cause.
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